Venerdì 6 dicembre si sono incontrati alla Casa dell’Ambiente alcuni dei protagonisti piemontesi del libro “Donne e uomini dell’educazione ambientale. Storie di impegno e di passione”. Divulgazione scientifica e fake news, educazione ambientale a scuola, giovani, ambiente e cultura ambientale bottom-up. Ecco i temi discussi da Luca Mercalli, Fabrizio Bertolino, Giovanni Borgarello e Mario Salomone, grazie alle domande dell’autrice Elena Pagliarino e agli interventi del pubblico.

Il libro “Donne e uomini dell’educazione ambientale. Storie di impegno e di passione” parte dalle storie personali di coloro che nella propria vita si sono dedicati all’educazione ambientale. Grazie al contributo di ognuno emerge il percorso condiviso. Nel presentare il volume, l’autrice ha sottolineato tale aspetto: come l’educazione si fonda sulle relazioni, come la creazione di network e sinergie è la chiave per “fare il salto” che ci serve per cambiare la società verso un mondo più sostenibile, così il libro è frutto di un lavoro relazionale. Nasce dagli stimoli della Rete WEEC Italia, la rete degli educatori ambientali italiani, ed è stato costruito grazie ad un dialogo, un interscambio tra Elena e i diversi intervistati. 

Venerdì ne erano presenti quattro:

Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, noto ai più come comunicatore ambientale, è anche educatore ambientale grazie al suo lavoro nelle scuole e al programma “Scala Mercalli” concepito in particolare per le scuole e i giovani. 

Fabrizio Bertolino è ricercatore e docente in pedagogia generale e sociale all’Università della Valle d’Aosta, dove forma i futuri insegnanti ed educatori con un occhio di riguardo al rapporto tra pedagogia e scienze ambientali.

Giovanni Borgarello è psicopedagogista, formatore ed educatore ambientale presso Regione Piemonte e ha tenuto vivo per trent’anni il centro di educazione ambientale di Pracatinat.

Mario Salomone, Presidente dell’Istituto per l’Ambiente e l’Educazione Scholé Futuro Onlus, Segretario della Rete WEEC, Direttore della rivista “.eco”, è un attivo promotore di collaborazioni, partenariati, progetti comuni per la diffusione di cultura ambientale.

L’intervista di venerdì 6 dicembre ha toccato diversi ambiti, offrendosi più come un dialogo, un confronto tra i quattro interlocutori presenti, vista la ricchezza del bagaglio di ognuno. La Pagliarino ha stimolato e moderato la discussione attraverso una domanda per intervistato e raccogliendo infine gli spunti del pubblico. I temi toccati sono quindi stati: la divulgazione scientifica, l’educazione ambientale a scuola, il coinvolgimento dei giovani, anche in seguito al movimento dei Fridays for future, e il come e se il lavoro degli educatori ambientali “del passato” ha inciso sulla società che stiamo vivendo.

Divulgazione scientifica e mancanza di educazione all’informazione

Luca Mercalli ha così sottolineato le mancanze del mondo della scienza: ancora troppo poco in Italia si dà credito alla divulgazione scientifica. I ricercatori vengono più galvanizzati dall’ottenere un riconoscimento scientifico immediato, grazie magari alla pubblicazione sulle riviste di settore, mentre la divulgazione è vista meno di buon occhio. Questa dovrebbe invece essere anche socialmente e strutturalmente stimolata, essendo parte integrante dell’etica della ricerca. Tanto più è importante nel mondo di oggi, dove i giovani (e non solo) sono bombardati di informazioni, dove ognuno può dire la sua grazie ai social ed è facile gonfiare una fake news. I ragazzi non sono educati all’informazione. Così l’esuberanza di voler fare qualcosa per l’ambiente, la passione per questi temi e la voglia di mettersi in gioco possono sfogare in qualcosa di nebuloso e inconcreto, ma soprattutto sbagliato, come un giovane alunno che si convince che i pannelli solari non possono aiutare la transizione energetica perché non si possono assolutamente smaltire perché “l’ho letto da qualche parte”, ma non sa citare le fonti bibliografiche o non conosce effettivamente i materiali che compongono un pannello solare. “Questo è un grosso problema educativo” dice Mercalli. “Se l’alunno non si fida più dell’insegnante che ha studiato e conosce, ad esempio, la composizione di un pannello solare e i processi necessari allo smaltimento, ma rimane fermo nella sua convinzione, allora si perde la relazione educativa: è venuto meno l’aspetto fondamentale che permette il passaggio di conoscenza”.

Da sinistra: Luca Mercalli, Mario Salomone e Fabrizio Bertolino

Friday-S for Future, politica e scuola

Giovani che hanno quindi bisogno di risposte, ma non riescono a fidarsi degli adulti. Giovani che come i Fridays for future chiedono “giustizia climatica”, di fatto facendo politica, parlando e stimolando cioè il discorso riguardo a temi pubblici che riguardano tutti i cittadini, tutti i polites, ma senza voler avere a che fare con quella che è poi la pratica politica in Italia. Fabrizio Bertolino offre uno sguardo sui Fridays grazie al rapporto con le sue figlie. “E’ un movimento dal quale mi sento distante e vicino allo stesso tempo” afferma. “Mi sento vicino perché condivido i temi che portano all’attenzione e perché in qualche modo mi è arrivato qualcosa dalle mie figlie, che hanno entrambe partecipato alle manifestazioni. Ma mi sento anche distante, innanzitutto per un fattore di età e in secondo luogo perché in un qualche modo io sono dentro al circuito scolastico, sono docente universitario e insegno pedagogia. Trovo lodevole il fatto che al fondo della parola Friday ci sia una “s”, sono tanti venerdì per il futuro e non uno solo, c’è la proposta di un impegno nel lungo termine. E trovo anche importante la scelta del “for”, così come esiste un’educazione sull‘ambiente, un’educazione nell‘ambiente e un’educazione per l’ambiente, la manifestazione dei FFF è per il futuro. Tuttavia, ritengo importante ricordarci che questi ragazzi scioperano dalla scuola, che dovrebbe essere il luogo educativo per eccellenza, in cui si costruisce il futuro. Che cosa ci dice questo?”.

Educazione ambientale a scuola. Come?

Nel pomeriggio di venerdì 6, proprio il rapporto con la scuola emerge come un tema controverso. Mentre da una parte ci si rallegra che il ministro Fioramonti abbia annunciato che l’educazione ambientale entrerà nelle scuole con 33 ore dedicate nell’arco dell’anno, dall’altra Giovanni Borgarello si chiede se sia meglio dedicare delle ore specifiche all’educazione ambientale o se non sarebbe meglio che l’educazione ambientale fosse inserita trasversalmente in tutte le materie, visto che è interdisciplinare. Inoltre, al di là del dubbio riguardo a se quelle 33 ore saranno o meno effettive, il grosso problema è che gli insegnanti non sono formati e non è previsto un “insegnante di educazione ambientale”. Tuttavia Borgarello è fiducioso, anche grazie ad un recente progetto di cui si sta occupando: la rete delle scuole eco-attive piemontesi, scuole che si impegnano da un punto di vista ecologico, dagli aspetti pratici come l’efficienza energetica agli aspetti educativi, come la sensibilizzazione ambientale dell’intero personale e non solo degli studenti. Reti come queste, così come il movimento dei FFF, sono la dimostrazione che la cultura ambientale si è diffusa e si sta diffondendo, che al di là degli sforzi top-down, già dal basso sono partiti e stanno partendo progetti che esprimono l’impegno comune di cambiare.

Da sinistra: Fabrizio Bertolino, Giovanni Borgarello e Elena Pagliarino

Un impegno che ripaga

Mario Salomone si chiede se “sia nato prima l’uovo o la gallina”, se queste dimostrazioni di interesse verso l’ambiente siano dovute anche alla storia e agli sforzi degli educatori ambientali in Italia o se è l’interesse verso l’ambiente che ha portato nel tempo alla costruzione di questa storia. Ad ogni modo, rassicura chi tra il pubblico si chiede “Questa ondata collettiva verso l’ambiente è solo momentanea? Ho paura che una volta passata di moda saremo punto e a capo”. Non si può valutare quanto l’educazione ambientale abbia effettivamente inciso sulle vite, sui pensieri e sui comportamenti dei ragazzini che oggi gridano in piazza di volere giustizia climatica, che si impegnano in buone pratiche per la sostenibilità e si chiedono qual è la cosa migliore da fare per l’ambiente, anche se forse un po’ ingenuamente. Ma una cosa è certa: nonostante il lavoro da fare sia ancora tanto perché, come giustamente fa notare un’altra partecipante “ad oggi, se un giovane vuole fare l’educatore ambientale non sa proprio in che direzione andare”, nonostante la vita dell’educatore ambientale non sia facile, perché “è una strada tutta da tracciare con la propria forza di volontà”, senza le “storie di impegno e di passione” degli educatori ambientali di ieri, di oggi (e di domani?), sicuramente la situazione odierna sarebbe peggiore. Le trovate nel libro di Elena Pagliarino, 333 pp., Collana Editoriale Effetto Farfalla.